Mamme Italiane tra Lavoro e Maternità: Il Rischio Economico di Dimissioni Forzate

Introduzione

In Italia, il numero delle mamme costrette alle dimissioni convalidate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) nei primi tre anni di vita del figlio è in costante aumento, registrando un preoccupante incremento del 17,1% nel 2022 rispetto all’anno precedente. Di queste dimissioni, il 72,8% riguarda le donne, un fenomeno che si lega strettamente alle sfide della conciliazione tra lavoro e vita familiare.

La Difficoltà della Conciliazione

Il 63% delle neo mamme cita la fatica nel bilanciare l’impiego con il lavoro di cura come motivo principale per l’abbandono del lavoro. Un dato che risulta significativamente più elevato rispetto al 7,1% dei padri che affrontano la stessa questione. La conciliazione tra vita familiare e professionale si presenta come un ostacolo insormontabile, portando molte donne a rinunciare alla loro carriera per dedicarsi alle esigenze della famiglia.

Impatto Sui Contributi e la Pensione

Il problema va oltre la perdita di un posto di lavoro. La maggior parte delle dimissioni convalidate coinvolge lavoratori e lavoratrici tra i 29 e i 44 anni, la fase critica per restare nel mercato del lavoro subito dopo la maternità. Ciò comporta una conseguenza diretta sui contributi previdenziali versati, poiché il 79,4% dei destinatari si trova in questa fascia di età.

Le donne che sono costrette a dimettersi perdono non solo l’opportunità di contribuire al proprio fondo pensione, ma rischiano di ritrovarsi in una situazione finanziaria precaria nel lungo periodo. La mancanza di contributi previdenziali potrebbe infatti tradursi in una pensione ridotta e in un ritardo nell’accesso alla stessa.

Il Rischio Economico di un’Invalidità Grave

Il problema si aggrava ulteriormente quando si considera il rischio di un’invalidità grave. Le donne che abbandonano il lavoro a causa delle dimissioni forzate vedono compromessa la loro sicurezza economica anche in caso di gravi problemi di salute. La mancanza di contributi previdenziali si riflette nelle pensioni di invalidità, che diventano irrisorie a causa della discontinuità nel versamento delle quote.

Disuguaglianze di Genere e Dimensione Aziendale

Le disuguaglianze di genere emergono chiaramente nel contesto lavorativo. Nonostante il 92% delle dimissioni convalidate riguardi la qualifica di impiegato e operaio, il numero di dirigenti donne che lasciano il lavoro supera quello degli uomini. Questo dimostra che la qualifica professionale non costituisce un deterrente significativo all’uscita dal mercato del lavoro in condizione di genitorialità.

In ottica di genere, emerge che la quota più consistente di dimissioni femminili (32%) è legata alla microimpresa, seguita dalla grande (26,2%), la piccola (22,3%) e infine la media (15,5%).

Conclusioni: La Necessità di Politiche per la Conciliazione

Il crescente numero di dimissioni forzate da parte delle donne italiane rappresenta una sfida urgente che richiede risposte adeguate da parte delle istituzioni e delle aziende. Politiche per la conciliazione tra lavoro e famiglia, sostegno finanziario alle neo mamme e iniziative per promuovere l’uguaglianza di genere sul luogo di lavoro sono essenziali per garantire un futuro economico stabile per tutte le donne, indipendentemente dalla scelta di diventare madri. Solo attraverso un approccio olistico e inclusivo sarà possibile affrontare e superare questa criticità che mina la sicurezza economica delle donne in Italia.

Infine, è necessario che le donne che sono state o sono tuttora in questa condizione, guardino con ancora più attenzione al proprio futuro: una grave invalidità o semplicemente la vecchiaia possono mettere a repentaglio la stabilità economica di una donna che ha questi buchi previdenziali, poiché le pensioni pubbliche (già molto basse) sarebbero insufficienti.

Per questo ti invitiamo a prenotare la tua Diagnosi dei Rischi, dove andremo ad analizzare la tua situazione e quantificare cosa e come stai rischiando il tuo futuro oggi.

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